Riduzione di stipendio per i manager di Stato
Chi più vale più deve essere pagato
In generale è un male che guadagni esagerati siano possibili in aziende pubblichedi Davide Giacalone - 19 ottobre 2006
Liberazione ed i compagni di Rifondazione Comunista hanno ragione, si deve porre un tetto alla retribuzione di chi dirige le aziende pubbliche. Adesso vediamo se siamo d’accordo sul perché. L’appiattimento salariale è una cosa nefanda, a tutti i livelli. Chi più vale più deve essere pagato, e non ci sono limiti al valore. Anche vero, però, che non si pagano quasi tre milioni l’anno per sentirsi dire che più l’azienda vola e più perde, giacché, con appena diecimila euro, ci mando un giovane e felice analista che torna indietro con la medesima diagnosi. Ben vengano i premi per chi ottiene risultati, mentre strapagare chi amministra un fallimento non è buona cosa.
In generale, però, è un male che guadagni esagerati siano possibili in aziende pubbliche, perché se sono ingiustificati risultano immorali, e se sono giustificati vuol dire che quelle aziende non dovrebbero essere pubbliche. Se amministrare le Poste significa cercare di tenere bassi i costi degli uffici a basso traffico, che non saranno mai produttori di ricchezza ma rappresentano un servizio pubblico, è un conto, ma se significa amministrare il Bancoposta, ovvero un’imponente raccolta di risparmio, non vedo perché non debba farlo un privato, in concorrenza con altri. Questo non significa che lo Stato amministra le perdite ed ai privati si consegnano i profitti, ma che lo Stato può finanziare ciò che è di pubblica utilità, e deve tassare quel che è di privata fertilità. La fertilità è propiziata e potenziata dalla competizione. Il manager pubblico super pagato è un contro senso.
Si dice: ma così tutti i bravi finiscono al privato e nel pubblico lavorano solo le fetecchie. Dicendolo non ci si accorge di descrivere con precisione il problema, perché il lavoro nel pubblico dovrebbe essere ambito per il prestigio, per la buona prova che si può dare, al servizio di interessi generali, per poi andare a monetizzare altrove il capitale di credibilità accumulato. Invece noi facciamo il contrario, allettiamo le persone con la pecunia e, talora (non sempre) ci teniamo i brocchi e li paghiamo come fossero portenti. Affrontare il problema con il metro del moralismo egualitario non porta da nessuna parte, leggerlo usando la luce del mercato e della ragione indurrebbe a fare abbondante pulizia nel settore pubblico.
www.davidegiacalone.it
Pubblicato su Libero del 19 ottobre 2006
In generale, però, è un male che guadagni esagerati siano possibili in aziende pubbliche, perché se sono ingiustificati risultano immorali, e se sono giustificati vuol dire che quelle aziende non dovrebbero essere pubbliche. Se amministrare le Poste significa cercare di tenere bassi i costi degli uffici a basso traffico, che non saranno mai produttori di ricchezza ma rappresentano un servizio pubblico, è un conto, ma se significa amministrare il Bancoposta, ovvero un’imponente raccolta di risparmio, non vedo perché non debba farlo un privato, in concorrenza con altri. Questo non significa che lo Stato amministra le perdite ed ai privati si consegnano i profitti, ma che lo Stato può finanziare ciò che è di pubblica utilità, e deve tassare quel che è di privata fertilità. La fertilità è propiziata e potenziata dalla competizione. Il manager pubblico super pagato è un contro senso.
Si dice: ma così tutti i bravi finiscono al privato e nel pubblico lavorano solo le fetecchie. Dicendolo non ci si accorge di descrivere con precisione il problema, perché il lavoro nel pubblico dovrebbe essere ambito per il prestigio, per la buona prova che si può dare, al servizio di interessi generali, per poi andare a monetizzare altrove il capitale di credibilità accumulato. Invece noi facciamo il contrario, allettiamo le persone con la pecunia e, talora (non sempre) ci teniamo i brocchi e li paghiamo come fossero portenti. Affrontare il problema con il metro del moralismo egualitario non porta da nessuna parte, leggerlo usando la luce del mercato e della ragione indurrebbe a fare abbondante pulizia nel settore pubblico.
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Pubblicato su Libero del 19 ottobre 2006
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.