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È ritornata l'era delle correnti di partito

Cambiamenti politici o restaurazione?

Il paradosso all’italiana: semplificare il quadro politico creando instabilità di governo

di Antonio Gesualdi - 22 febbraio 2008

La politica sta cambiando e bisogna rendersene conto il più in fretta possibile perché si rischia la cattiva amministrazione. Ciò che sta accadendo è abbastanza semplice: è un normale processo di restaurazione. Stanno tornano i grandi partiti politici e con loro tornano le correnti interne. Durante la prima Repubblica i partiti si presentavano agli elettori sotto un unico simbolo, ma di fatto erano grandi agglomerati. Sia a destra che a sinistra vi erano continue trattative e schemi di posizione ideale e di potere tra i vari schieramenti all"interno di uno stesso partito. E il tutto veniva gestito con quelle grandi kermesse che erano i congressi a tutti i livelli e la lotta tra i delegati per far passare la propria linea politica. Oggi in una fase di passaggio tra i partiti (quasi tutti commissariati) verticalizzati a partiti-agglomerati chi rischia di più è l"amministrazione pubblica e, soprattutto, la governabilità.

Siamo di fronte ad un vero e proprio paradosso: da una parte si dice di voler semplificare il quadro politico e rendere l"offerta politica corrispondente alle grandi aree culturali e ideali del Paese, ma dall"altra - se le classi dirigenti dei partiti non lo capiranno in tempo - ci troveremo con i governi nazionali e quelli locali in un totale caos.

Faccio un esempio per chiarire il concetto. Fino ad oggi un Sindaco di una città poteva contare - meglio se riusciva a farsi eleggere al primo turno - su un 60% di consiglieri fedeli o fedelissimi. Questi consiglieri comunali, come lo stesso sindaco, venivano scelti dai dirigenti del partito che facevano capo a dirigenti regionali o nazionali e la piramide fortemente verticalizzata permetteva una certa stabilità di governo. Non a caso durante la seconda Repubblica abbiamo avuto governi mediamente più stabili che durante la prima. Ma soprattutto abbiamo avuto sindaci e amministrazioni locali molto stabili.

Oggi rischiamo l"esatto contrario perché sta accadendo che le scelte delle candidature vengano decise col vecchio metodo della cooptazione e dell"immissione decisa dal "capo". Insomma sono ancora pochi coloro che decidono chi deve essere candidato e chi no. Contemporaneamente assistiamo al congelamento generalizzato dei congressi di partito.

Ma contemporaneamente nascono "nuovi" partiti che sono il risultato della fusione tra "vecchi" partiti e, in alcuni di questi, assistiamo anche al moltiplicarsi di sigle e movimenti (il caso dei circoli della Brambilla, ad esempio) che orbitano attorno a questi nuovi partiti. Tutto ciò non appartiene alla teoria o al talk-show televisivo tanto per far vedere "facce nuove". Tutto ciò coinvolge cittadini che chiedono corrispondente rappresentanza politica.

Il risultato sarà che all"interno del Popolo della Libertà, come nel Pd, ma anche nell"Udc o in Rifondazione comunista verranno consolidate posizioni che somiglieranno molto alle vecchie correnti democristiane, comuniste o socialiste. Questo significa che i consiglieri comunali, regionali o gli stessi parlamentari d"ora in poi saranno eletti, sì, sotto uno stesso determinato simbolo, ma non è detto che tutti risponderanno al leader di quel partito. Non è detto, quindi, che ogni consigliere comunale di maggioranza risponderà al Sindaco di riferimento e questo ci porterà, inevitabilmente, al risultato che già avevamo durante la prima Repubblica: ovvero all"accorciamento della stabilità di governo. Il governo Prodi appena caduto - e il record di brevità di questa legislatura - sono una risultate logica e stringente del processo di aggregazione dei partiti politici e nel caso specifico della nascita del Partito democratico. E" ritornata l"era delle correnti di partito: i leader nazionali se ne saranno accorti?

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