La cautela è d’obbligo. L’altalena finirà in estate
Borsa, miracolo a Milano?
Nonostante le “good news”, il trend dei mercati sarà a "fisarmonica"di Enrico Cisnetto - 23 marzo 2009
Miracolo a Milano? A guardare le ultime sedute della Borsa si direbbe di sì: venerdì Piazza Affari ha chiuso i battenti recuperando un altro punto dopo i quasi due di giovedì – giornata campale che ha visto il record degli scambi del 2009 – portando al 16,9% il rialzo registrato dai minimi toccati il 9 marzo scorso, quando si era tornati al dicembre 1996. A brillare è soprattutto il settore bancario, che ha guadagnato oltre trenta punti percentuali dai minimi. Eppure, tra gli operatori circola inquietudine: dopo un rimbalzo durato dieci giorni, ci si chiede quanto potrà durare. La tempesta è davvero passata? Ma soprattutto, siamo oggi in grado di dare risposte precise sul futuro? Da una parte, il rally partito lunedì 9 marzo era abbastanza scontato: le Borse internazionali avevano perso così tanto – e Milano più delle altre – che una ripresa era inevitabile, tanto che gli hedge fund finora ribassisti, sono tornati a riacquistare titoli. Inoltre, gli investitori si sono accorti che – pur essendo vero che per la generalità delle società quotate gli utili sono scesi (67%) più del mercato (50%) – alcuni titoli erano troppo sottovalutati.
Uno per tutti, Unicredit: solo due settimane fa capitalizzava 0,4 volte il patrimonio netto della banca. Una miseria per un gruppo che, nel frattempo, ha presentato un bilancio che ha portato sul mercato una ventata di ottimismo, con utili che seppur in calo hanno battuto le attese più rosee. Così, tra riposizionamento degli investitori ed effetto-trimestrale, il titolo ha guadagnato il 68,8% in due settimane, tornando sopra la soglia di 1 euro per azione, ed è tornato a un valore di Borsa più “umano”, dello 0,5% del patrimonio netto.
Al di là di questi fuochi d’artificio, però, prevale la prudenza. Il fatto che alcune banche abbiano presentato conti non catastrofici, anzi migliori delle attese, si scontra con la carenza di scenari sicuri su quando davvero passerà la crisi e quanto le sofferenze sui vecchi crediti “facili” sono destinate a pesare. Da una parte, infatti, c’è ancora la nebulosa dei titoli “tossici” in possesso delle banche europee, il cui ammontare rimane incerto (ma gli analisti dicono che sono da aspettarsi ulteriori svalutazioni nei prossimi mesi), mentre sul fronte dell’economia produttiva c’è la convinzione che il peggio debba ancora arrivare.
Certo, ci sono “good news” in arrivo soprattutto dall’estero: i commerci di materie prime in recupero, le vendite al dettaglio in Usa che sorprendentemente tengono, la produzione industriale cinese che ha ricominciato a salire, l’auto che ha reagito all’elettroshock degli incentivi meglio del previsto. Ma a livello italiano, invece, la situazione resta pesantissima, e molti si aspettano il peggio a metà del 2009.
In questo scenario da “day after”, prevalendo ancora le incertezze, non è azzardato pronosticare un trend a “fisarmonica” dei mercati: con un andamento rialzista che continuerà ancora per qualche settimana, seppur con diverse correzioni di tiro, poi una flessione a maggio-giugno quando la recessione brucerà più di prima, e poi nuovamente una fiammata di rialzi.
Per aspettare la pace dopo la tempesta, con la fine di tutta questa volatilità, occorrerà attendere la fine dell’estate. Perciò, se non vi sentite dei novelli George Soros, la cautela è d’obbligo. Per il miracolo a Milano, c’è ancora tempo.
Uno per tutti, Unicredit: solo due settimane fa capitalizzava 0,4 volte il patrimonio netto della banca. Una miseria per un gruppo che, nel frattempo, ha presentato un bilancio che ha portato sul mercato una ventata di ottimismo, con utili che seppur in calo hanno battuto le attese più rosee. Così, tra riposizionamento degli investitori ed effetto-trimestrale, il titolo ha guadagnato il 68,8% in due settimane, tornando sopra la soglia di 1 euro per azione, ed è tornato a un valore di Borsa più “umano”, dello 0,5% del patrimonio netto.
Al di là di questi fuochi d’artificio, però, prevale la prudenza. Il fatto che alcune banche abbiano presentato conti non catastrofici, anzi migliori delle attese, si scontra con la carenza di scenari sicuri su quando davvero passerà la crisi e quanto le sofferenze sui vecchi crediti “facili” sono destinate a pesare. Da una parte, infatti, c’è ancora la nebulosa dei titoli “tossici” in possesso delle banche europee, il cui ammontare rimane incerto (ma gli analisti dicono che sono da aspettarsi ulteriori svalutazioni nei prossimi mesi), mentre sul fronte dell’economia produttiva c’è la convinzione che il peggio debba ancora arrivare.
Certo, ci sono “good news” in arrivo soprattutto dall’estero: i commerci di materie prime in recupero, le vendite al dettaglio in Usa che sorprendentemente tengono, la produzione industriale cinese che ha ricominciato a salire, l’auto che ha reagito all’elettroshock degli incentivi meglio del previsto. Ma a livello italiano, invece, la situazione resta pesantissima, e molti si aspettano il peggio a metà del 2009.
In questo scenario da “day after”, prevalendo ancora le incertezze, non è azzardato pronosticare un trend a “fisarmonica” dei mercati: con un andamento rialzista che continuerà ancora per qualche settimana, seppur con diverse correzioni di tiro, poi una flessione a maggio-giugno quando la recessione brucerà più di prima, e poi nuovamente una fiammata di rialzi.
Per aspettare la pace dopo la tempesta, con la fine di tutta questa volatilità, occorrerà attendere la fine dell’estate. Perciò, se non vi sentite dei novelli George Soros, la cautela è d’obbligo. Per il miracolo a Milano, c’è ancora tempo.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.