In stallo le trattative sul budget 2007-2013
Bilancio Ue, crocevia d’integrazione
La lotta aperta tra Blair e Chirac nasconde una guerra tra vecchi e nuovi poveridi Paolo Bozzacchi - 09 novembre 2005
All’alba di un ennesimo fallimento. Sembra essere questo il sentiment europeo alla vigilia del negoziato finale sul bilancio comunitario 2007-2013, prevista per il prossimo 12 dicembre. In gioco non solo il destino dei conti Ue, ma molti altri temi ad esso strettamente legati, primo fra tutti l’integrazione.
Tutto il negoziato ruota attorno all’aspro scontro tra Londra e Parigi, con la prima che vuole rivedere i meccanismi di sussidi all’agricoltura introdotti dalla Pac (politica agricola comune), mentre la seconda non ne vuole sapere, e controbatte proponendo di ridiscutere alcuni benefit anglosassoni. Non è certo questione da pusillanimi, considerato la posta in gioco: la Pac infatti assorbe circa il 50% dell’intero bilancio (quasi 500 miliardi di euro).
Il Regno Unito di Tony Blair, da parte sua, sarebbe per ridimensionare la Pac, senza però abbandonare il privilegio di mantenere uno sconto annuo di circa 4,6 miliardi di euro, ottenuto nel lontano 1984 dalla Lady di ferro, Margareth Thatcher, alla vigilia dell’ingresso britannico nella Comunità europea, proprio in virtù del fatto che Londra non godeva dei benefici della Pac.
Di contro Jacques Chirac difende strenuamente i sussidi comunitari all’agricoltura francese, consapevole soprattutto che storicamente i voti dei contadini transalpini sono risultati decisivi per gli inquilini dell’Eliseo.
Il grande assente dei negoziati sembra essere la Germania di Angela Merkel, primo contribuente europeo e tradizionalmente eccellente mediatore delle diatribe anglo-francesi. In questi ultimi mesi, però, molto impegnata (con successo) a far quadrare i conti interni e a mettere in moto la macchina della Grosse Koalition. Nell’ombra, comunque, i tedeschi hanno incassato un buon risultato: sono riusciti ad ottenere dal Commissario europeo agli Affari monetari, Joaquin Almunia, un rinvio di un anno (2007), della data entro la quale dovranno far rientrare il deficit di bilancio sotto il tetto del 3%.
La posizione dell’Italia è piuttosto vicina a quella della Francia, motivata dal fatto che l’80% dei sussidi Pac è distribuita attualmente a: Francia, Italia e Germania. Per questa ragione il Ministro degli Esteri, Gianfranco Fini, ha caldeggiato modifiche allo sconto britannico e una diversa distribuzione dei Fondi di coesione, dopo l’allargamento troppo favorevole ai Paesi nuovi entrati.
Il punto nodale dello scontro, comunque, non sembra riguardare esclusivamente gli interessi economici dei grandi Paesi, piuttosto nasconde una vera e propria guerra tra nuovi e vecchi poveri. I nuovi poveri sono quei 75 milioni di cittadini comunitari (molto spesso agricoltori) dei Paesi appena entrati nell’Unione, che sognano l’euro ma intanto sono affamati indirettamente dagli ex-poveri agricoltori francesi, italiani e tedeschi.
Lo stesso vale per i fondi strutturali, di cui si lamentano sia i cittadini delle aree ex-svantaggiate (ad esempio il Molise) che sanno di doverne fare a meno in tempi medi, sia soprattutto quelli che cominciano a beneficiarne (dei nuovi Paesi membri), perché insoddisfatti delle cifre ricevute.
Sta di fatto che oltre la metà dei fondi continua ad essere destinata alle regioni relativamente povere di nazioni relativamente ricche.
Lo stallo che perdura nel negoziato e l’economia che arranca potrebbero però trasformarsi in un’opportunità unica per la politica comunitaria.
In caso di salto in avanti e di compromesso su temi così delicati il “gigante economico” e il “nano politico” sarebbero più vicini. Non sarà facile.
Tutto il negoziato ruota attorno all’aspro scontro tra Londra e Parigi, con la prima che vuole rivedere i meccanismi di sussidi all’agricoltura introdotti dalla Pac (politica agricola comune), mentre la seconda non ne vuole sapere, e controbatte proponendo di ridiscutere alcuni benefit anglosassoni. Non è certo questione da pusillanimi, considerato la posta in gioco: la Pac infatti assorbe circa il 50% dell’intero bilancio (quasi 500 miliardi di euro).
Il Regno Unito di Tony Blair, da parte sua, sarebbe per ridimensionare la Pac, senza però abbandonare il privilegio di mantenere uno sconto annuo di circa 4,6 miliardi di euro, ottenuto nel lontano 1984 dalla Lady di ferro, Margareth Thatcher, alla vigilia dell’ingresso britannico nella Comunità europea, proprio in virtù del fatto che Londra non godeva dei benefici della Pac.
Di contro Jacques Chirac difende strenuamente i sussidi comunitari all’agricoltura francese, consapevole soprattutto che storicamente i voti dei contadini transalpini sono risultati decisivi per gli inquilini dell’Eliseo.
Il grande assente dei negoziati sembra essere la Germania di Angela Merkel, primo contribuente europeo e tradizionalmente eccellente mediatore delle diatribe anglo-francesi. In questi ultimi mesi, però, molto impegnata (con successo) a far quadrare i conti interni e a mettere in moto la macchina della Grosse Koalition. Nell’ombra, comunque, i tedeschi hanno incassato un buon risultato: sono riusciti ad ottenere dal Commissario europeo agli Affari monetari, Joaquin Almunia, un rinvio di un anno (2007), della data entro la quale dovranno far rientrare il deficit di bilancio sotto il tetto del 3%.
La posizione dell’Italia è piuttosto vicina a quella della Francia, motivata dal fatto che l’80% dei sussidi Pac è distribuita attualmente a: Francia, Italia e Germania. Per questa ragione il Ministro degli Esteri, Gianfranco Fini, ha caldeggiato modifiche allo sconto britannico e una diversa distribuzione dei Fondi di coesione, dopo l’allargamento troppo favorevole ai Paesi nuovi entrati.
Il punto nodale dello scontro, comunque, non sembra riguardare esclusivamente gli interessi economici dei grandi Paesi, piuttosto nasconde una vera e propria guerra tra nuovi e vecchi poveri. I nuovi poveri sono quei 75 milioni di cittadini comunitari (molto spesso agricoltori) dei Paesi appena entrati nell’Unione, che sognano l’euro ma intanto sono affamati indirettamente dagli ex-poveri agricoltori francesi, italiani e tedeschi.
Lo stesso vale per i fondi strutturali, di cui si lamentano sia i cittadini delle aree ex-svantaggiate (ad esempio il Molise) che sanno di doverne fare a meno in tempi medi, sia soprattutto quelli che cominciano a beneficiarne (dei nuovi Paesi membri), perché insoddisfatti delle cifre ricevute.
Sta di fatto che oltre la metà dei fondi continua ad essere destinata alle regioni relativamente povere di nazioni relativamente ricche.
Lo stallo che perdura nel negoziato e l’economia che arranca potrebbero però trasformarsi in un’opportunità unica per la politica comunitaria.
In caso di salto in avanti e di compromesso su temi così delicati il “gigante economico” e il “nano politico” sarebbero più vicini. Non sarà facile.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.