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Primarie riedizione di una presa in giro

Bersani, Veltroni e la farsa

Il sindaco di Roma ha un amore: Berlusconi. E ce la mette tutta per somigliargli

di Davide Giacalone - 10 luglio 2007

Con un solo gesto, e con sintesi efficace, Pierluigi Bersani ha spiegato a tutti perché non c’è il partito democratico e perché le primarie sono la riedizione di una presa in giro. Non fa mistero che l’idea di un Veltroni leader, per giunta in queste condizioni, non lo soddisfa affatto, sottolinea che il nuovo partito sarebbe dovuto partire in modo ben diverso, ma non si candida, perché la cosa, dice, potrebbe creare “disorientamento”. In che senso? Perché se uno difende le proprie idee disorienta e se invece confluisce con chi non le condivide, invece, conforta? Semplice, perché la candidatura di Bersani avrebbe segnano una frattura verticale in quel che resta del vertice ds, e questo il vecchio militante comunista non lo ritiene opportuno. Con ciò, appunto, conferma che si stanno ancora regolando i conti del vecchio pci, e non facendo nascere il nuovo Pd. E conferma che le primarie, come fu all’epoca di Prodi, servono solo a condire con una manifestazione di attivisti la scelta operata dal vertice.

Per avere il quadro esatto di quanto sia caduta in basso la politica si deve aggiungere che se a sinistra le primarie sono la bufala che abbiamo sempre descritto, a destra neanche si provano. E non solo perché esiste un’evidente e riconosciuta leadership, in capo a Berlusconi, ma perché si preferisce omettere ogni confronto politico, anche se questo costa la non selezione della classe dirigente. Partiti senza politica, prodotto post moderno.

Che questo sia l’andazzo lo conferma l’ennesima straordinaria trovata di Veltroni, lo juventino che è romanista, l’iscritto al partito comunista che non è comunista, il kennediano antivietnamita, ora il referendario che non firma per i referendum. Un tempo non firmò, pur dicendosi d’accordo, perché sindaco (e che c’entra la viabilità urbana con la fecondazione assistita?), ora non firma, pur invitando a firmare, perché non vuole creare problemi alla coalizione di governo. Se non fosse così sardo e così arcigno il buon Arturo Parisi, referendario firmante, ministro e uomo vicinissimo a Prodi, si sarebbe dovuto sganasciare dalle risate.

Al fondo Veltroni ha un solo, grande, profondo e pervasivo amore: Silvio Berlusconi. Ce la mette tutta per cercare di somigliargli e, come capita spesso agli imitatori, ne mutua solo i tratti più grossolani. Noi, che non abbiamo mai amato il marxismo ma non per questo non abbiamo tratto giovamento dalla lettura di Marx, ricordiamo che il barbuto di Treviri aveva visto giusto: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa.

www.davidegiacalone.it

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