Eccesso di zelo
Abuso di diritto
Dalla caccia agli evasori alla caccia alle streghedi Davide Giacalone - 18 aprile 2012
Dalla caccia agli evasori fiscali si passa alla caccia alle streghe. Dalle commissioni tributarie la materia passa a tribunali degni dell’inquisizione. Dal giusto principio di far pagare le tasse a tutti (le nostre dure critiche alla pressione e al sistema fiscale non sono mai state connivenza con l’evasione) si passa all’insano concetto per cui non vale la legge, non vale rispettarla, vale lo spirito con cui il contribuente ha cercato di fregare l’erario. Il mostro che consente tale mutazione genetica si chiama “abuso di diritto”. So che il lettore sta già scappando, immaginando trattarsi di disquisizione tecnico giuridica per maniaci fiscalisti, ma abbia un attimo di pazienza, perché questa roba è meglio conoscerla. Questa roba è meglio bocciarla subito.
Qualsiasi persona normale senta parlare di “abuso di diritto” pensa subito al potere statale, ovvero al freno che va messo affinché lo Stato, facendo leva sulle leggi, non coarti le libertà e i diritti individuali. Ma qui le persone normali scarseggiano, sicché s’intende l’opposto: stangare il cittadino che, pur attenendosi alle leggi, prova a sottrarsi ai suoi doveri verso lo Stato. Detto in modo diverso: non basta non violare la legge, si deve anche dimostrare d’avere l’animo puro e le intenzioni migliori, altrimenti si passa fra i reprobi. Aprire la porta a questo abominio significa cancellare il concetto stesso di legge e di diritto. Credo sarà bene avere i nomi dei partiti e dei parlamentari che si presteranno a votarlo, in modo da conquistare loro il voto dei sudditi e alienargli quello dei cittadini.
L’abuso di diritto non ha (fin qui) base giuridica, ma giurisprudenziale. Non c’è (finora) una legge che lo regola, ma ha trovato applicazione nelle sentenze. Si è partiti da presupposti ragionevoli, ad esempio: l’articolo 833 del codice civile stabilisce che “il proprietario non può fare atti i quali non abbiano altro scopo che quello di nuocere o arrecare molestia ad altri”, non puoi usare quel che pure è un tuo diritto solo per danneggiare altri. Non è il massimo della certezza, ma almeno ha un punto di solidità: un altro cittadino che si sente danneggiato e ti porta in giudizio. Il discorso cambia completamente se al posto dell’altro cittadino ci metti lo Stato, cosa che è stata resa possibile da diverse sentenze della cassazione, a cominciare da una del 13 maggio 2009, che ne ha fatto un principio generale. Già questo andava fermato, invece si va in direzione opposta, approfittandone.
Nella delega fiscale, che è stata varata dal Consiglio dei ministri e che spero il Parlamento abbia la lucidità e la capacità di cambiare, è scritto che sarà condannato, quale abuso di diritto “l’uso distorto di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio d’imposta”, e ciò anche nel caso in cui tale condotta sia “non in contrasto con alcuna specifica disposizione”. Il cittadino e l’impresa saranno perseguibili quando, pur attenendosi alla legge, la “causa prevalente dell’operazione” sarà la ricerca di un vantaggio fiscale. Potranno sottrarsi alla condanna solo ove dimostreranno, loro, non lo Stato, che ci sono “ragioni extrafiscali non marginali” capaci di giustificarli. “Ragioni extrafiscali non marginali” non significa un accidente, quindi la discrezionalità del giudice totale e il cittadino e le imprese che si saranno attenuti alla legge potranno essere puniti da un tribunale che fa capo ad uno Stato teocratico, ma senza dio. O, meglio, con il dio fisco pronto a decretare chi ha peccato in cuor suo, chi aveva intenzioni malevole, chi ha raggiunto la suprema perversione di applicare la legge pensando di avere dei diritti. In uno Stato amministrato con tale forsennata idolatria del funzionario giudicante non ci sarà mai un solo imprenditore straniero, sano di mente e onesto, che vorrà investire, perché nessuno si consegna ostaggio di un sistema in cui il rispetto della legge non è motivo sufficiente per credersi onesti. Monti aveva detto che voleva rendere “prevedibile” l’Italia. Lodevole intento, ma l’incertezza del diritto muove in direzione opposta. Scapperanno, invece, tutti quelli che potranno stabilire altrove le proprie attività, a cominciare da quelle ad alto valore aggiunto intellettuale (un paio di giorni fa, parlando agli studenti di Boston, Usa, Romano Prodi consigliava loro di non venire in Italia). Morale: la fuga dei cervelli sarà ricordata con nostalgia, giacché assisteremo alla fuga anche delle frattaglie. In compenso ci terremo riciclatori e investitori di denaro sporco, notoriamente rispettosi delle perversioni fiscali, dato che il loro vantaggio consiste nel reimpiegare il denaro e nell’appropriarsi delle attività mollate da quanti sono costretti ad arrendersi.
Nella delega fiscale è inserito anche il seguente principio: l’abuso di diritto non ha rilevanza penale. L’ingenuo pensa: almeno questo. Illusi: il processo penale, o quel che ne resta, si basa sul principio che è l’accusa a dovere dimostrare l’esistenza di un reato, ve lo figurate il pubblico ministero che chiede la mia condanna perché ho applicato una legge? La non rilevanza penale, pertanto, si limita a cancellare un processo inutile, nel quale il cittadino e l’impresa sarebbero stati assolti (o mandati in prescrizione, come usa fare la procura quando ha torto), in modo da lasciare libera la mano che porta via i loro averi. Non so a quale dottrina s’abbeveri chi riesce a concepire, pur accampando solida formazione culturale, ma scarsa ragionevolezza, norme di questo tipo. Di certo non quella che guida lo Stato di diritto. Da alcuni secoli a questa parte.
Nella delega fiscale, che è stata varata dal Consiglio dei ministri e che spero il Parlamento abbia la lucidità e la capacità di cambiare, è scritto che sarà condannato, quale abuso di diritto “l’uso distorto di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio d’imposta”, e ciò anche nel caso in cui tale condotta sia “non in contrasto con alcuna specifica disposizione”. Il cittadino e l’impresa saranno perseguibili quando, pur attenendosi alla legge, la “causa prevalente dell’operazione” sarà la ricerca di un vantaggio fiscale. Potranno sottrarsi alla condanna solo ove dimostreranno, loro, non lo Stato, che ci sono “ragioni extrafiscali non marginali” capaci di giustificarli. “Ragioni extrafiscali non marginali” non significa un accidente, quindi la discrezionalità del giudice totale e il cittadino e le imprese che si saranno attenuti alla legge potranno essere puniti da un tribunale che fa capo ad uno Stato teocratico, ma senza dio. O, meglio, con il dio fisco pronto a decretare chi ha peccato in cuor suo, chi aveva intenzioni malevole, chi ha raggiunto la suprema perversione di applicare la legge pensando di avere dei diritti. In uno Stato amministrato con tale forsennata idolatria del funzionario giudicante non ci sarà mai un solo imprenditore straniero, sano di mente e onesto, che vorrà investire, perché nessuno si consegna ostaggio di un sistema in cui il rispetto della legge non è motivo sufficiente per credersi onesti. Monti aveva detto che voleva rendere “prevedibile” l’Italia. Lodevole intento, ma l’incertezza del diritto muove in direzione opposta. Scapperanno, invece, tutti quelli che potranno stabilire altrove le proprie attività, a cominciare da quelle ad alto valore aggiunto intellettuale (un paio di giorni fa, parlando agli studenti di Boston, Usa, Romano Prodi consigliava loro di non venire in Italia). Morale: la fuga dei cervelli sarà ricordata con nostalgia, giacché assisteremo alla fuga anche delle frattaglie. In compenso ci terremo riciclatori e investitori di denaro sporco, notoriamente rispettosi delle perversioni fiscali, dato che il loro vantaggio consiste nel reimpiegare il denaro e nell’appropriarsi delle attività mollate da quanti sono costretti ad arrendersi.
Nella delega fiscale è inserito anche il seguente principio: l’abuso di diritto non ha rilevanza penale. L’ingenuo pensa: almeno questo. Illusi: il processo penale, o quel che ne resta, si basa sul principio che è l’accusa a dovere dimostrare l’esistenza di un reato, ve lo figurate il pubblico ministero che chiede la mia condanna perché ho applicato una legge? La non rilevanza penale, pertanto, si limita a cancellare un processo inutile, nel quale il cittadino e l’impresa sarebbero stati assolti (o mandati in prescrizione, come usa fare la procura quando ha torto), in modo da lasciare libera la mano che porta via i loro averi. Non so a quale dottrina s’abbeveri chi riesce a concepire, pur accampando solida formazione culturale, ma scarsa ragionevolezza, norme di questo tipo. Di certo non quella che guida lo Stato di diritto. Da alcuni secoli a questa parte.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.